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sabato 17 settembre 2011

Testa o croce


Articolo di Raffaele Nappi
Stamane ho riletto con piacere e malcelato orgoglio l’articolo presente su: “La Provincia di Varese” (citato nel blog dei Cavalieri della Luce: http://bit.ly/rafcri) che riporta una mia affermazione che, letta qualche anno fa con la testa di allora, non l’avrei mai attribuita a me stesso , razionale com’ero, sempre all’inseguimento delle cause senza per altro gustarmi gli effetti.
Non so cosa stavo cercando, ma ho trovato”
Questa indeterminatezza che era fonte di ansia in passato, si è tramutata nella consapevolezza che Qualcuno lassù si prende cura di noi, che quindi non serve risalire alle origini, capire il perché certe cose capitano proprio a noi; occorre piuttosto accettare gli eventi anche senza comprenderli pienamente, confidando che tutto, sofferenza compresa, è per la nostra crescita spirituale.
“Tutto concorre al bene di quelli che amano Dio”
Io e @cristinasaponaro lo possiamo certamente testimoniare: quei giorni a Medjugorie son stati davvero determinanti, l’inizio di un’estate travagliata coronata di spine, che ci ha lasciato comunque una serenità di fondo cementando la nostra unione.
Nella settimana dell’esaltazione della Santa Croce, mi vien più facile raccontare quando, al ritorno da Medju, abbiamo scoperto di essere “incinti”, e soprattutto quando, una decina di giorni dopo, hanno ricoverato d’urgenza Cristina diagnosticando una gravidanza extrauterina, impossibile da portare a termine, e col rischio reale di scoppio della tuba.
La Croce si è presentata cosi’, improvvisa, difficile da accettare, sempre, soprattutto quando ti trovi in un reparto maternità, fuori dall’ambulatorio, con la porta sbarrata e le urla soffocate di dolore della Cri, circondato da persone festanti, parenti dei neonati.
Accanto a me il miracolo della vita, nella mia testa un pensiero fosco, sempre più nitido: “Mio Dio, sono vedovo”
Ho iniziato a pregare, un po’ per distrarmi da questi pensieri di morte, ma soprattutto per chiedere aiuto, come farebbe un figlio nei confronti della mamma… Ave Maria! E le grida soffocate scemano, fino a tacere (Cri mi confesserà poi che, in quei momenti, anche lei aveva cominciato a pregare ad alta voce).  Poi, dopo 40 lunghissimi minuti, finalmente mi chiamano in ambulatorio: l’intervento è per il momento scongiurato, ma occorre tenere la paziente in osservazione tutta la notte.
Ed ecco che trascorriamo una notte surreale in reparto, Cri distesa su una barella con la sua bella dose di morfina per attenuare il dolore, io seduto su una sedia con un manico rotto (questo passa il convento…) cercando di passare insieme il tempo: tutto intorno a noi, un correre ossessivo di infermieri e dottori per un’emergenza notturna; colonna sonora, il battito cardiaco di un bimbo nella pancia della mamma sotto monitoraggio.
Ed è allora, nell’impossibilità di muoverci (Cri sedata stesa sulla barella, io evitavo gli spostamenti per non trovarmi di fronte a scene “non per uomini”, dato il reparto), inchiodati sulla Croce (niente più bimbo… anzi bimba, come nostro nipote Pietro di 2 anni ha sentenziato: “Cuginetta!“… e i bimbi vedono molte più cose di noi), che abbiamo assaporato una serenità figlia della nostra unione, della grazia dello Spirito Santo ricevuta nel matrimonio e rinverdita in quei giorni del Meeting a Medjugorie.
Non è facile accettare la Sua volontà, ma quando questo avviene, si raccolgono molte più gioie di quelle che ci siam sentiti togliere indebitamente da Dio: non so se avremo la grazia di diventare genitori (qui sulla Terra, intendo… in Cielo abbiamo uno splendido angioletto che abbiam battezzato Teresa), ma sicuramente abbiamo la grazia di essere sposi in Cristo, con tutte le debolezze ed i limiti umani, sempre pronti a rialzarci per testimoniare la gioia di vivere il Vangelo!
ALLELU – JAAAA!!!

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